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Torrazza Cover      notiziario

Di astensione si deve parlare, sovente, sempre.

 “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto.  Il suo esercizio è un dovere civico„

La nostra Repubblica Italiana si è dotata, 75 anni fa di una Costituzione dove sono presenti le caratteristiche di democrazia formale ed  alla quale si attengono le istituzioni ed i cittadini italiani, questi ultimi quasi sempre.

Sul voto l’articolo 48 la costituzione afferma: “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è un dovere civico”.
 Detto questo da sempre e da parte di qualcuno è difeso il diritto all'astensione, sopratutto oggi e sempre davanti ad argomenti referendari “spinosi”.
Ma non è così o almeno non dovrebbe esserlo. Innanzi tutto perché l’astensione non è contemplata in nessun articolo della Costituzione, ne è contrapposta a nessun altro diritto o dovere.
Anzi senza essere dei costituzionalisti o volersi sostituire alla Corte Costituzionale, l’articolo 48 sta nella prima parte della Costituzione (Titolo IV, rapporti politici), ha quindi un valore generale quindi da seguire ad ogni promulgazione di una legge e per i voti dati dagli elettori in qualsivoglia consultazione. Non è quindi collegato solo alla parte seconda (il Parlamento, elezione della Camera, articolo 56). Ma anche all’articolo 75 che afferma che “hanno diritto” a partecipare ai referendum i cittadini chiamati ad eleggere la Camera; in questo caso è si previsto il quorum della maggioranza, ma non si dice affatto che non votare è riconosciuto come un diritto costituzionale, pur essendo una scelta legittima.
Quindi votare è “un dovere civico”.

non voto coverCè da aggiungere che durante il dibattito alla Costituente (erano altri tempi, luglio 1946, e con altri personaggi e statisti!), non passò – perché i relatori non vollero essere troppo esigenti e vincolanti – una versione del secondo comma dell’art. 48 che così diceva: il voto è “un dovere civico e morale”. Si pensò che, dato che si intendeva sanzionare nella legge elettorale gli elettori non votanti, non era opportuno censurare un atto che investiva una qualità morale del cittadino. Scrupoli costituzionali che oggi sarebbero davvero impensabili!

Successivamente l’argomento fu ripreso e determinò una sentenza della Corte costituzionale (n.96, 2 luglio 1968): 

... nelle considerazioni in diritto, al punto 3, si legge che “in materia di elettorato attivo, l’articolo 48, secondo comma, della Costituzione ha, poi, carattere universale ed i princìpi, con esso enunciati, vanno osservati in ogni caso in cui il relativo diritto debba essere esercitato”.

E poi non dimentichiamo anche che fino all’abrogazione nel 1993 i cittadini non votanti per le elezioni delle Camere, venivano sanzionati (dpr n.361 del 30 marzo 1957). 
Le consultazioni referendarie erano ancora lontane. Articolo 4: 
” L’esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un suo preciso dovere verso il Paese”. 
Ma c’era ben di più all’articolo 115: 
“L’elettore che non abbia esercitato il diritto di voto, deve darne giustificazione al sindaco (….) L’elenco di coloro che si astengono dal voto (…)senza giustificato motivo è esposto per la durata di un mese nell’albo comunale (…) Per il periodo di cinque anni la menzione ‘non ha votato’ è iscritta nei certificati di buona condotta (…)”.

A proposito appunto delle consultazioni referendarie ecco uno dei primi esempi passati in sordina di palese violazione della democrazia, i referendum abrogativi sulle norme per la procreazione assistita. Fu la vittoria dell’astensionismo su un argomento spinoso. Perché i referendum non raggiunsero il quorum minimo, solo il 25,9% degli aventi diritto si era recato alle urne. 

Ecco come, nel corso del tempo, due visioni contrapposte la prima all’interno del rispetto della democrazia ed una esterna a questo processo con evidenti caratteristiche di contrapposizione.
Quando alcune alte cariche istituzionali del tempo affermarono pubblicamente:
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è un dovere civico”. Giorgio Napolitano più volte nella lunga carriera politica e da Presidente della Repubblica.
“ Vado a votare, perché il referendum è una forma di partecipazione del cittadino. Può stare a casa, è un suo diritto, ma in questo modo si incentiva l’assenza di partecipazione. Puntare sul fallimento del quorum sarà anche legittimo, ma è politicamente sbagliato”. Fini da presidente della Camera.
” Non mi recherò a votare. E’ un diritto dei cittadini decidere se votare o meno per il referendum”. Berlusconi premier all’epoca.
Non votare è un diritto costituzionale”. Sacconi ministro del Lavoro.
... frutto della maturità del popolo italiano, che si è rifiutato di pronunciarsi su quesiti tecnici e complessi, che ama la vita e diffida di una scienza che pretenda di manipolare la vita”. Così commentava Camillo Ruini cardinale e arcivescovo italiano dopo una lunga campagna mossa sull'argomento dalla Chiesa romana.

Certo astenersi è una facoltà ma si può anche deporre nell’urna una scheda bianca (se non ci si vuole esprimere nel merito), adempiendo così al dovere di votare. Se non altro si comporerebbe un disegno più coerente ed evidente delle scelte del "popolo sovrano".

 

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