Interviste: Silvana Guidi
Intervista a Silvana Guidi a cura di Loredana Vaccani
Arese 1/6/2015 - Silvana Guidi, classe 1929, appena la conosci, sei colpito dal suo aspetto solare, dall’ottimistica cadenza emiliana. È stata staffetta partigiana a soli 15 anni e tra le prime sostenitrici dell’U.D.I. (Unione Donne Italiane), l’associazione femminile costituita già dall’ottobre 1945, protagonista di tante battaglie per l’emancipazione femminile- Ad aprile di quest’anno, in occasione della manifestazione aresina per il 25 aprile, ha saputo commuovere con le sue testimonianze dirette, la semplicità delle sue parole che andavano diritte al cuore.
Parlaci della tua partecipazione alla Resistenza
Io abitavo a Novi di Modena, a 3 km dal campo di concentramento di Fossoli. Al paese c’era un importante presidio tedesco, la Linea Gotica non era molto lontana. Praticamente vivevamo “dentro“ la guerra. Dopo l’armistizio dell’8 settembre l’impegno era quello di dare una mano, salvare i tanti ragazzi che si erano dati alla macchia. Il primo passo era nasconderli in campagna, preparare dei nascondigli nei casali abbandonati, poi accompagnarli, al momento giusto, dove c’erano le formazioni partigiane. Io ero molto giovane, avevo solo 15 anni, e a volte mi affidavano compiti a pericolosi perché contavano sul fatto, come diceva anche mia mamma, che non avrebbero fatto caso a me, quasi una bambina. Così dovevo avvicinarmi con la mia bicicletta al centro dove c’erano i tedeschi e cercare di spiare dove si sarebbero recati a fare la prossima retata. Una volta intuito correvo ad avvisare le persone. Altre volte dovevo portare dei messaggi scritti e allora me li nascondevo addosso, spesso in una taschina che la mamma mi aveva cucito in un paio di mutandine. Tutta la mia famiglia contribuiva in qualche modo alla Resistenza: io ero staffetta, mio fratello e mia sorella maggiore erano partigiani. Il periodo più terribile è stato l’inverno del '44, i tedeschi non se ne andavano, il freddo era insopportabile, la fame era arrivata anche da noi
Quale ruolo avevano le donne nella Resistenza?
Le donne in quegli anni cominciavano ad avere ruoli importanti, soprattutto nella Resistenza ma anche nella società. Mentre gli uomini erano in guerra noi dovevamo sostituirli nelle fabbriche, soprattutto nel settore tessile e alimentare, ci mettevano alla catena di montaggio e nei campi ci toccavano anche le attività più faticose, che prima facevano gli uomini.
Le donne sono state molto importanti per la Resistenza. C’erano le staffette, come me, e le combattenti. Le staffette avevano di solito tra i 16 e i 18 anni, io ero ancora più piccola, perché si pensava che destassero meno sospetti e che non venissero perquisite. Ho già parlato di quello che facevo come staffetta, un ricordo in più che posso aggiungere sono le riunioni di sera, magari al buio, tra tutte le donne impegnate e i padri e la madri per decidere cosa fare e leggere i messaggi che ci venivano mandati, per esempio da Nilde Iotti, allora responsabile dei Gruppi di Difesa della Donna e che sarebbe diventata, come membro dell’Assemblea Costituente, una grande sostenitrice dei diritti delle donne. Vi erano poi le donne combattenti, che utilizzavano anche le armi. Facevano un lavoro da uomini, ma non credo per sentirsi importanti, solo, dove era necessario e le donne se la sentivano, per aiutare la causa. Tra i partigiani ci fu all’inizio chi non era d’accordo, poi però dovettero cambiare idea.
Come vedi la realtà d’oggi?
Non tanto bene, faccio fatica ad accettarla. Il benessere c’è, è evidente, non ci possiamo lamentare, ma la giustizia e l’uguaglianza per cui avevamo combattuto, no. La classe politica non è quella che speravo, è più disonesta. Dove sono finiti i nostri ideali? E la giustizia? Prendiamo l’esempio delle vittime dell’amianto. Alla fine nessuno ha veramente pagato o sta pagando e la gente continua a morire.
Che messaggio vuoi lanciare ai giovani?
Devono approfondire la storia, imparare i valori, soprattutto della Resistenza. La scuola è molto importante, deve avere anche questo compito. Creare o per lo meno cercare di creare delle persone oneste, con dei valori. Noi eravamo poveri ma gli ideali di giustizia e libertà ci riempivano la vita, ci facevano andare avanti. Auguro ai giovani di oggi, che hanno la fortuna di vivere nel benessere, di trovare questa strada.